martedì 18 settembre 2007

parliamo di cooperazione?

tra luglio e settembre ho seguito una serie di lezioni per il diploma di cooperazione internazionale a milano, quanto segue è un insieme SCONFUSIONATO di nozioni, idee e pensieri che mi sono venuti a lezione. sicuramente si può dire molto altro ma già così mi sembra bello lungo!


PARLIAMO DI COOPERAZIONE?

La cooperazione internazionale ha profonde radici che vengono da lontano, la sua storia è profondamente intrecciata con la storia dell’ umanità, la sua evoluzione è stata fortemente marcata da avvenimenti storici e politici. Si può partire da radici umanitarie-religiose, coloniali, di carattere politico ed economico, geo-strategiche e durante la guerra fredda militari. Negli anni ’90 si parla di pace per poi lasciare il sopravvento all’ aspetto umanitario e dopo l’ 11 settembre 2001 si trasforma in sicurezza.
Fin dall' antichità gruppi di persone si sono riuniti per dare aiuto e sostegno a chi in quel momento ne avesse bisogno. La nascita di ordini cavallereschi che durante le crociate davano supporto medico lungo tutto il percorso che portava i pellegrini in terra santa, è forse uno dei primissimi esempi di come un' obiettivo specifico spingeva vari gruppi ad intraprendere azioni volte a risolvere il problema. La creazione di questi movimenti è stata comunque spinta e influenzata da una forte carità cristiana. Nei secoli a seguire compaiono molte associazioni che ancora oggi operano con efficacia nel panorama mondiale ( es. Caritas o Croce Rossa Internazionale ) e dopo il novecento vengono creati una serie di organismi internazionale che influenzeranno tutte le strategie future sul modo di fare cooperazione. Infatti nell’ immediato dopoguerra (1944 circa ) sul panorama politico internazionale si assiste alla creazione di istituti come il Fondo Monetario Internazionale ( FMI ) o la Banca Mondiale ( World Bank ) come riferimento economico e le Nazioni unite per quello politico. Sicuramente va ricordata nel 1948 la firma della dichiarazione universale dei diritti dell’ uomo e l’ anno dopo la creazione della Comecon in risposta alla Nato le quali influenzeranno per i decenni a seguire tutta la politica mondiale.
Molti altri attori ed eventi politici che susseguono questi avvenimenti fino a i giorni nostri, vanno ad interessare sia direttamente che indirettamente il modo di proporre la cooperazione internazionale.
Per la comparsa e il riconoscimento delle prime O.N.G. bisogna aspettare la fine degli anni ’60, sono questi anni di contestazione sia in Italia che all’ estero dove molti Stati accedono all’ indipendenza politica (spesso attraverso sanguinarie rivoluzioni ). Nel nostro Paese, come in molti altri, si sente il bisogno di associazioni che possono lavorare indipendenti dai governi e dalle loro politiche, si tratta di organizzazioni senza fine di lucro che ottengono finanziamenti sia da fonti private che pubbliche, nascono così le prime O.N.G.
All’ inizio di tutto la teoria che spingeva tutti gli organismi che lavoravano in questo campo era più che altro di assistenzialismo, si pensava che con l’ apporto di denaro e tecnologie bastasse ad aiutare i PVS. Con gli anni altre teorie economiche sviluppate da esperti hanno cambiato in maniera radicale il modo di intervenire delle varie associazioni.
E’ solo all’ inizio degli anni novanta che lo sviluppo viene definito come l’ aumento delle opportunità e delle capacità delle persone, questo porta, nei paesi donatori, ad un rafforzamento nella sensibilizzazione dell’ opinione pubblica sui temi del divario nord-sud, delle sue cause e dei percorsi utili per ridurre questa differenza.
Nel mese di settembre del 2000 le Nazioni Unite adottano la "dichiarazione del millennio" e i MDG (ovvero 8 obiettivi di sviluppo, definiti prioritari, che gli stati membri dell’ ONU si prefiggono di raggiungere entro il 2015):
1- eliminare la povertà e la fame; 2-ottenre l’ istruzione elementare universale; 3- promuovere la parità tra i sessi; 4- ridurre la mortalità infantile; 5- migliorare la salute materna; 6- combattere l’ HIV/AIDS; 7- assicurare la sostenibilità ambientale; 8- sviluppare una alleanza globale per lo sviluppo.
Negli anni ‘50-’60 si aveva una rappresentazione del terzo mondo e dei suoi abitanti come una unica entità omogenea. Si possedeva una fiducia incondizionata sul concetto di progresso, si volevano applicare ai PVS le stesse strategie usate dal mondo occidentale per evolversi e nella possibilità dello stato di realizzare questo progresso. In quegli anni si pensava che la crescita del PIL dei PVS fosse l’ obiettivo principale delle strategie con una identificazione Sviluppo=Crescita economica. Negli anni sessanta infatti i principali donatori ( world bank, USA, UK e Francia ) creano strategie di aiuto allo sviluppo entro un quadro di riferimento molto semplice: fornitura di esperti per l’ impiego di moderne tecnologie attraverso di progetti autonomi rispetto alle istituzioni statali, in aree target predefinite con lo scopo di far si che i i beneficiari riescano a produrre ciò di cui hanno bisogno, rivolgendosi direttamente ai governi dei PVS. Il grave difetto di questa teoria era che gli stati interessati non avevano la possibilità di usufruire a pieno degli interventi per la mancanza dei mezzi necessari.
Soltanto negli anni settanta grazie alla comparsa di nuovi economisti nel panorama mondiale si inizia a ragionare in maniera differente. Sviluppo e sottosviluppo sono due facce della stessa medaglia, I Paesi occidentali mantengono la condizione di sottosviluppo con lo scopo di poter usufruire delle risorse e trarne guadagno ( teoria sulla Causa-Effetto ). Grazie a questo nuovo modo di vedere le cose attori come la world bank spostano il loro focus verso le fasce più povere della popolazione considerandole come forza produttiva che può essere utilizzata come fattore di sviluppo. Parallelamente altri organismi avviano interventi in aree fino ad ora ignorate ( cibo, acqua, abitazioni, salute, istruzione, lavoro ) ma viste come prerequisito per lo sviluppo economico e sociale. Negli anni ottanta tutto questo sistema entra in profonda crisi. Il concetto di progresso si rivela completamente inefficace e inadatto ai fabbisogni dei PVS, la scarsa conoscenza dei bisogni locali unita all’ eccessivo ottimismo nei confronti dello sviluppo economico ed a una complessità istituzionale, rendono questa teoria sorpassata ed inutilizzabile, infatti le nuove linee guida si spostano verso una limitazione del ruolo dell Stato all’ interno degli interventi di cooperazione. Bisognerà aspettare la fine degli anni ottanta per trovare nuovi cambi radicali nelle teorie di sviluppo: da "crescita economica nazionale" a "partecipazione ed integrazione nei mercati mondiali" dei PVS. Infine negli anni novanta a causa della diminuzione delle risorse destinate a questi paesi la cooperazione deve trovare nuovi attori e nuovi campi in cui operare. Le strategie applicate in quegli anni prevedono lo spostamento verso il sostegno a specifici settori (agricoltura, istruzione, sanità ) attraverso la fornitura di assistenza tecnica per conciliare programmi macroeconomici e progetti. Sempre negli anni ’90 si parla per la prima volta dell’ Indice di Sviluppo Umano ( ISU ) utilizzato per avere nuove misurazioni nel quadro dello sviluppo e sottosviluppo. L’ ISU si basa su tre elementi che sono ritenuti critici: 1) poter vivere in salute una vita longeva; 2) ricevere una educazione; 3) godere di un livello di vita decente. Grazie ad esso si scopre che in realtà la differenza tra il livello degli Stati occidentali e dei PVS è molto più elevata di quanto si era immaginato fino ad allora.
Con la firma della Dichiarazione del Millennio, all’ inizio del XXI secolo, tutti gli stati progrediti si impegnano a risolvere globalmente il problema del debito dei PVS, di collaborare con essi per creare opportunità di lavoro per i giovani, di distribuire le medicine essenziali in maniera economica ed accessibile e infine in cooperazione con il settore privato di rendere disponibili le nuove tecnologie.
Le difficoltà della cooperazione internazionale, e spesso anche la sua scarsa efficacia, nasce perciò da una serie di problematiche da ricercare in molteplici campi storici, politici e umani.
Sicuramente le poche risorse economiche messe a disposizione dal nostro governo, dovute soprattutto a scelte politiche estremamente penalizzanti compiute dalle ultime legislature, devono essere suddivise tra molteplici organizzazioni. Questa situazione, insieme al fatto di dover lavorare in diversi campi e in differenti nazioni e mancando un adeguato coordinamento tra le O.N.G., porta ad uno scarso impatto globale nei paesi in via di sviluppo. A questo si aggiunge che spesso la progettazione viene effettuata senza perseguire una finalità comune. Le attività svolte sono tutte fini a se stesse, manca una linea guida che le porta ad essere dei mezzi per raggiungere un obiettivo inserito in un quadro di sviluppo del Paese spesso indicato da linee guida dettate da situazioni politiche internazionali. Quando si opera sul campo bisogna tenere conto della reale necessità del PVS, bisogna seguire una certa pertinenza progettuale, infatti le programmazioni a breve e a lungo termine e le pianificazioni sono presenti in documenti sia dei governi locali che da istituti internazionali quali la CEE o le Nazioni Unite. In questo modo ci si ritrova a lavorare tutti per una stessa causa anche se a livelli di realizzazione differenti. Conoscere e seguire queste linee guida vuol dire creare una sorta di collaborazione indiretta tra tutte le organizzazioni sia ufficiali che private e si evita di utilizzare risorse economiche e umane per obiettivi fini a se stessi. Ci si ritrova così a poter applicare una semplice teoria, definita dello gocciolamento, in maniera trasversale per cui quello che facciamo noi influisce sui livelli sia inferiori che superiori e anche un semplice progetto altera positivamente la vita, oltre ai beneficiari diretti, di quelli indiretti come i vicini, gli abitanti della zona, il PVS fino all’ apice quale ONU o benessere mondiale.
All' interno della gestione delle associazioni si può criticare la difficoltà nel voler utilizzare figure professionali preparate a svolgere il ruolo di cooperante. Spesso si tralascia di continuare la formazione del personale, per esempio con corsi di aggiornamento, necessaria vista la continua evoluzione dei metodi di cooperazione in un ambiente che continua a cambiare e a rinnovarsi.
D’altra parte per chi vuole avvicinarsi a questa professione la scarsa presenza di corsi validi ( molti sono quelli disponibili ma la loro efficacia e serietà non sempre è sufficiente ) e la difficoltà ( non solo economica ) ad accedervi crea una mancanza di qualifica di base necessaria per iniziare a lavorare.
Non si deve, e non bisogna, però fare l' errore di considerare le O.N.G. come delle aziende. Facendo questo si rischia di perdere la vocazione che ci porta a distinguerci da " mercenari " privi di motivazioni, un cooperante che lavora spinto da una giusta " scelta di vita " maturata su valide basi motivazionali, sicuramente riesce a distinguersi positivamente quando lavora nei PVS. L’ organizzazione non deve svendersi pur di ricevere finanziamenti, bisogna comunque seguire e mantenere sempre ben presenti i valori che hanno permesso la sua nascita.
Alla fine il fattore umano di chi si trova ad operare in uno di questi paesi incide sul raggiungimento dell' obiettivo prescelto: competenza, motivazione, impegno, volontà, esperienza... possono fare la differenza tra la riuscita o il fallimento di un progetto.
A questo punto la cooperazione internazionale si ritrova ad operare in due ambiti : sviluppo ed emergenza.
I progetti di sviluppo prendono spunto dal rispetto dei criteri di giustizia sociale e di equità, dalla difesa dei diritti umani, dal coinvolgimento e dalla partecipazione delle popolazioni e dei partner locali nella gestione degli interventi, piuttosto che il rafforzamento dei gruppi sociali più svantaggiati o discriminati. Le attività di cooperazione devono quindi tenere presente delle priorità che le stesse comunità locali, autonomamente, identificano in base ai loro bisogni primari, rimanendo però legate ad un obiettivo generale inserito, come già detto, nel quadro di sviluppo del Paese. Le caratteristiche di questi progetti stanno perciò nella partnership con associazioni locali, nella sostenibilità a fine progetto dai beneficiari, dal coo-finanziamento tra ONG e istituti sia statali che internazionali, infine dai tempi di messa in opera. Spesso dalla presentazione del progetto al Ministero degli Affari Esteri ( MAE ), per esempio, può passare anche qualche anno; la sua realizzazione di solito ha una durata ben definita che varia da due a massimo, in rari casi, a cinque anni; il rimborso economico avviene per gradi e il saldo può avvenire in tempi lunghi.
I progetti di emergenza invece esistono a causa di guerre o calamità naturali. Le ONG interessate si ritrovano a dover affrontare spesso situazioni precarie. A differenza dello sviluppo il tempo di intervento in questi casi è fondamentale, infatti spesso i progetti si concludono dopo pochi mesi, dando risultati immediatamente tangibili. In questo caso spesso i progetti partono ancora prima di essere approvati così da poter accorciare i tempi di intervento, non è infatti inusuale che siano le stesse istituzioni a chiedere l’ intervento alle ONG garantendo la copertura economica grazie a fondi gia messi a disposizione.
Concludendo si può dire dopo tutto questo che le diverse tipologie di aiuto, i diversi attori coinvolti, le diverse motivazioni, così come i diversi approcci, le diverse capacità operative e i diversi modi di intendere il benessere proprio e altrui, tendono a sovrapporsi nelle loro reciproche azioni, facendo divenire i paesi beneficiari degli interventi dove gli approcci, gli interessi in gioco, i differenti modelli di sviluppo e i soggetti coinvolti agiscono con un potere di intervento il cui peso specifico può variare considerevolmente. Da questo confronto, il così detto beneficiario non è che uno dei soggetti coinvolti, purtroppo il meno forte e utile.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Hi Fabio,
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This is a very good message keep on spreading the message.

Take care

Ellie